Minority stress (Miriam Mason)
La definizione di stress in senso
generale, ovvero quello cui ognuno di noi può essere sottoposto nel
corso della vita, prevede che esso sia sollecitato da situazioni
particolari cui le persone devono adattarsi sia da un punto di vista
emotivo che da un punto di vista fisico (un esame scolastico, un cambio
di lavoro o di ruolo, un evento inaspettato).
Se parliamo però di stress legato all'appartenenza ad una minoranza, la
questione si complica, poiché entriamo in contatto con qualcosa che va
oltre il semplice evento concreto: entriamo nel contesto delle
discriminazioni e dei pregiudizi, quindi di eventi mentali e non
concreti, cui sono soggette alcune categorie di persone che per fattori
preminentemente socio-culturali, vengono ritenute "diverse".
Nel contesto della comunità LGBT, il minority stress può essere inteso su tre differenti dimensioni: omofobia interiorizzata, stigma percepito e infine esperienze di discriminazione e violenze subite con esiti traumatici cronicizzati.
L'omofobia interiorizzata si riferisce all'interiorizzazione, da parte delle stesse persone omosessuali, del pregiudizio verso l'omosessualità, che le conduce a rifiutare il proprio orientamento sessuale, negandolo fino a provarne avversione.
Per quanto concerne lo stigma percepito, tanto più sarà pregnante la percezione del rifiuto sociale, tanto più alto sarà il livello di stress che conduce l'individuo a mantenere alta l'attenzione nei confronti dell'ambiente circostante sia al fine di evitare di essere discriminato, sia per potersi difendere qualora ciò accadesse.
Si possono aggiungere eventuali episodi di discriminazione omofobica o violenze di altro genere subiti dal soggetto, che hanno come conseguenza quella di radicare nella persona un vissuto traumatico.
Il minority stress è uno dei principali fattori causa di disagio, derivando dall'esperienza soggettiva di pregiudizi, aspettative di rifiuto da parte del prossimo, dal nascondere la propria identità sessuale per compiacere l'altro, nonché dall'omofobia interiorizzata.
Da un diario personale (anonimo)
…Oggi mi sento davvero solo. La mia diversità sta iniziando a trafiggermi le budella, a bloccarmi il respiro, a rendermi ansioso a dei livelli che non riesco a percepire.
Ho provato ad uscire per strada, ma avevo paura di guardare le persone che incontravo, non riuscivo ad accettare che potessi essere attratto da alcuni di loro, che potessi conoscerli, mettermi in gioco anche sessualmente con loro. Poi a volte quando sono chiuso in casa, esasperato, penso che una notte perderò il controllo e mi butterò . In quei momenti ho solo voglia di autodistruggermi, di ubriacarmi e poi lanciarmi nella mischia. Anche se poi certi posti mi fanno schifo e mi fanno sentire ancora più sporco di quanto già non sia.
Non riesco a credere di essere così, e neppure in questo diario che rimarrà per sempre chiuso in un cassetto riesco a pronunciare, a scrivere quella parola. Sono solo, nessun amico mi capirebbe, nessun conoscente ascolterebbe quello che ho da raccontare.
Provo vergogna per quello che sono, per ciò che ho fatto e che farò quando finalmente annullerò la mia coscienza, una vergogna dolorosa per ciò che vivo in queste ore interminabili. Il senso di colpa a volte mi soffoca e mi lascia inerte, sbattuto sopra il letto e l’unico rifugio è prendere in mano la penna e sfogare qui in queste pagine quel senso di sporcizia, di vulnerabilità, di inadeguatezza, di terrore puro.
Non so se potrò mai più vivere una relazione piena, un affetto, un amore, sento silenzio attorno, indifferenza. Poi non oso guardare un po’ più fuori dal mio cerchio, dove vedo solo una società insensibile e retrograda e schifosa che mi fa sentire come se vivessi nel peccato, come se avessi compiuto il più grave dei crimini. E poi ci sono quegli stronzi visibili, che non fanno altro che sbandierare una cosa intima e inconfessabile. Che vorrei stessero zitti... a causa loro io devo nascondermi ancora di più, non sia mai che qualcuno mi associ a loro.
Solo il tempo mi fa respirare, l’idea che posso darmi del tempo, anche se sono bloccato. E così resto in attesa di un cambiamento, che sicuramente non riesco a provocare io...